giovedì 4 marzo 2021

Libertà vo' cercando! Sei sicuro? Quanto ti costa la libertà?

"Libertà vo' cercando..." (Dante, Purgatorio, canto I, 71)
Una visione del mondo è quella che ti permette di incasellare nella tua mente le
cose che accadono, di poterle spiegare, di poterle giudicare e quindi di poterci rispondere.
Ognuno di noi ha la propria visione del mondo.
Una visione che si è fatta con l'esperienza, leggendo libri, ascoltando altri parlare o, soprattutto, guardando la loro vita.
Nessuna visione del mondo è giusta o sbagliata. Ma su questo si potrebbe molto discutere, poiché ci sono visioni del mondo che interagiscono pesantemente con la vita di chi ci sta intorno e possono portare a un danno per gli altri. Penso al razzismo, all'intolleranza verso l'altro (non solo verso una minoranza: siamo tutti la minoranza di qualcun altro), ai regimi politici dittatoriali, ecc. . 
E c'è un concetto, strettamente legato alla visione del mondo, che è quello della libertà.
Oggi vorrei riflettere con voi sulla pericolosità della libertà.
La libertà è pericolosa perché costringe a mettere continuamente alla prova la propria visione del mondo.
Siamo infatti continuamente chiamati a navigare nel mare del mondo, lontano dalla terra ferma.
Questo ci da' sicuramente la vertigine di poter andare, intellettualmente e spiritualmente, dove vogliamo, senza che nessuno ci possa mettere paletti. Possiamo, cioè, anche contestare le idee di chi fino ad un attimo prima consideravamo maestro, perché abbiamo riflettuto con la nostra testa e abbiamo capito che le sue idee non ci aiutano più a leggere la realtà come vorremmo.
Attenzione! Non sto dicendo che dobbiamo cambiare idea ad ogni soffio di vento (quando si dice: esser banderuole...), cioè ad ogni nuova idea che ci si pone davanti solo perché ci stuzzica intellettualmente.
Resta sempre il principio della visione che abbiamo del mondo e della vita: a meno di non trovarci di fronte ad una illuminazione vera e propria, ogni scelta deve essere fatta nell'alveo del fiume in cui abbiamo scelto di navigare.
Ma può capitare che tutto ad un tratto arrivi l'incontro con una persona, un libro, un film, che ci cambia la vita. E ben vengano gli stravolgimenti intellettuali, spirituali, psicologici, se ci danno maggiore serenità d'animo e di giudizio. 
Ma la libertà, dicevo, è pericolosa, perché ci costringere a stare sempre sul pezzo, sempre vigili per essere pronti ad affrontare nuove navigazioni.
Per questo l'uomo ha quella che Nietzcshe chiama "la nostalgia della terra": la libertà ci porta sempre a correre, a seguire la vita, a tuffarcisi dentro; ma ci sono momenti in cui siamo stanchi e sentiamo il bisogno di andare sulla terra ferma, per ripararci da questo moto continuo, da questa continua responsabilità di scegliere con scienza e coscienza, come suol dirsi.
E questi sono i momenti peggiori, quelli in cui siamo preda del pericolo di lasciarci trascinare da cattivi maestri, quelli che ci mettono su un vassoio d'argento le risposte già pronte, allettanti, rassicuranti. Quelle per cui non devi pensare, ma solo accettare.
E se questo placa la nostra angoscia di dover agire secondo responsabilità, ci rende però schiavi di chiunque ci voglia imporre una dogmatica verità.
Essere chiamati a libertà significa essere chiamati a responsabilità.
Che sia questa la fatica di essere uomini?
Io piango coloro i quali, per non affrontare il mare aperto delle scelte responsabili, preferiscono all'emozione della libertà la calma stagnante della schiavitù.


Tim il Guiscardo
Vice Comandante dell'Astronave Terra
(in attesa che torni il Capo)
 

4 commenti:

  1. Senza scomodare i massimi sistemi, mi limito a citare una battuta di un fumetto diventato un'icona mondiale, ovvero Spiderman. Peter Parker, dopo aver inizialmente pensato di utilizzare i poteri di ragno solo per il proprio tornaconto personale e non avendo quindi collaborato alla cattura di un criminale, troverà poi suo zio ucciso in casa da quello stesso criminale. E si renderà conto che "da un grande potere deriva una grande responsabilità".
    Ora, la libertà è un grande "potere", e ovviamente implica una grande responsabilità. Il guaio è che ormai la gente la percepisce più come un diritto, senza tenere presente che anche un "diritto" è comunque vincolato a delle regole. Il concetto di "diritto" (come pure quello di "potere") è una creazione del pensiero umano, quindi si può dedurre che alcune persone considerano il concetto di "libertà" in una forma pre-umana, del tipo: faccio quello che caspita mi pare, tipo gli animali della giungla.
    C'è per contro l'altro estremo che dici tu, quello di chi si incanala lungo le "regole" al punto tale che le "regole" soppiantano il concetto stesso di libertà. Accettabile quando le regole sono state concepite con un criterio oggettivo di giustizia e fratellanza, pericolosissimo quando le regole sono solo un fumo negli occhi creato d un'elite interessata esclusivamente al proprio tornaconto anche a danno degli altri.

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    1. Un altro punto secondo me, che vedo a partire da quelo che scrivi tu, è quello dell'oggettività dei principi di fratellanza e giustizia. Se proviamo a chiedere a 10 persone di diversa estrazione culturale e persino sociale, avremo 10 risposte diverse su cosa sia la giustizia e la fratellanza. Per un gruppo criminale la fratellanza è quando fai parte del loro gruppo. Sono 'fratelli' per gruppi "giovanili" legati a correnti musicali tutti quelli ceh si sentono abbandonati dalla società e quindi vivono sotto i ponti (ma senza chiedersi cosa abbiano messo di loro per essere messi ai margini della società...). Esistono ancora dei principi universali di 'giustizia e libertà'? È importante quel che dici sul discorso dei diritti: oggi ci sono solo quelli e i doveri sono una cacofonia della vita e dei rapporti sociali. E i movimenti sindacali hanno dato molte mazzate su questo punto per distruggere il mondo del lavoro.

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  2. E' un discorso complesso e sicuramente non facile da affrontare, anche perché i valori e il loro modo di definirli cambiano in continuazione. Cose considerate normali fino a qualche decennio fa oggi non lo sono più. Volendo fare una battuta più terra terra rispetto a quella avanzata da Ariano potrei concludere con la battuta fatta da uno dei personaggi del film "Il Segreto di Bellavista" nel commentare la fuga dalla gabbietta di un uccellino: " A libertà, pure o' pappagallo l'addà provà!".(Pure il pappagallo deve cercare la libertà)

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    1. Io penso che i valori dbbano essere eterni, altrimenti non sono più valori, cioé punti su cui fondare una società e una convivenza. Nel momento in cui si dice che i valori cambiano, si ammette la sconfitta della società e della convivenza. Certamente a questo punto bisognerebbe vedere se questi valori siano effettivamente mai stati valori. Un valore è un concetto di ciò che è desiderabile e ceh 'crea', distingue un individuo o un gruppo e ne influenza il loro volere e agire. Allora se un gruppo o individuo dice di non riconoscersi più in un valore, non significa che quel valore non esiste più o diventa sbagliato; vuol dire solamente che quella persona e/o quel gruppo vedono e vivono sedondo altri valori, che non possono imporre a chi continua a sentire i 'vecchi' come propri (e, naturalmente, viceversa). È diverso il discorso di un consesso civile, tipo lo stato, che si basa su leggi, le quali sono fatte dal parlamento, che è espressione degli elettori (in questo momento col sistema elettorale maggioritario questo punto è stato ampiamente scavalcato!). Perciò se in uno stato democratico un gruppo numeroso di persone sente che un valore non viene valorizzato o viene addirittura calpestato, ha tutta la possiblità di eleggere persone che portano avanti quel progetto di cambiamento atraverso una legge (pensiamo a divorzio e aborto: nonostante l'Italia venga definita come 'cattolica' le rispettive leggi sono state approvate e passate con referendum). Ma questo implica una presa di coscienza del principio di rappresentatività democratica che ancora non esiste.

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