venerdì 18 dicembre 2020

(Questo non è un) Racconto di Natale

 ... cioè, è un racconto di Natale, ma nel senso che vi racconterò un Natale della mia vita...
Tra il 1965 e il 1966 andammo ad abitare in una nuova casa, in una nuova zona della mia città. Io avevo 5/6 anni e mio fratello era appena nato.
Ricordo ancora che quando terminava il marciapiede del palazzo, iniziava la campagna. E quando pioveva abbastanza forte il fango si riversava sul tratto di strada asfaltata. Oggi, a distanza di più di 50 anni, quella è una zona centrale della città, a pochi metri dall'Ospedale e dal Campo Sportivo.
Siamo stati tra i primi ad abitare in quel condominio, che era composto da 2 scale, A e B, e aveva (cosa quasi fantascientifica per quei tempi!) l'ascensore, che abbisognava di monetine da 10 lire per attivarsi.
Dopo qualche anno venne ad abitare sul mio stesso pianerottolo -eravamo al V piano- una sorella di mia madre che, al pari nostro, aveva 2 figli: un maschio e una femmina.
Quindi la situazione figli era: io, mio fratello e due cugini. Io ero il più grande e mio fratello il più piccolo.
Passò ancora qualche anno e anche l'altra mia zia per parte di madre scelse di venire a stare vicino a noi e prese un appartamento al secondo piano.
E qui scatta la memoria.
Zia Pina, quella del secondo piano, era la zia che tutti avremmo voluto avere: paciosa, sempre sorridente, con una risata contagiosa, accogliente sin dal suo aspetto fisico. Anche zia Pina aveva due figlie; anche se non ricordo se la seconda fosse già nata a quel tempo.
Ebbene, zia Pina aveva l'abitudine di allestire un grande albero di Natale, come quello che esiste nell'immaginario di ogni bambino (o forse è solo nell'immaginario del me adulto che vuol tornare bambino?). Non era solo una albero grande: era proprio un grande albero (cit.), fatto con tutte le stelle filanti, i fiocchetti e le palline che ci dovevano essere, messe tutte al posto giusto, e con una grande stella cometa in cima.
Ma la particolarità dell'albero di zia Pina erano gli cioccolatini appesi ai rami, di tutte le forme (babbinatale, palline, pacchettini infiocchettati...), avvolti in stagnole luccicanti.
Durante tutto il periodo delle feste, zia Pina comprava questi cioccolatini e li appendeva via via all'albero, perché c'era la sorpresa finale: il 6 gennaio si faceva, noi nipoti/cugini, una grande tombolata a casa sua e come premio alle varie estrazioni si vincevano gli cioccolatini.
Sì, non è una grande trovata, per un adulto; ma noi eravamo bambini, vivevamo di sogni e un cioccolatino era un sogno grande per un bambino di allora.
Perché a quei tempi il panettone si teneva sotto l'albero e si apriva solo il giorno di Natale.
I nostri regali restavano impacchettati in bella mostra tutti insieme e si scartavano solo il 25 dicembre al mattino.
E se scrivevi, come si scriveva, la letterina di Natale non era detto che tra i regali trovavi proprio quel che avevi chiesto.
Perché a quei tempi se eri bambino (e non solo!) il mondo te lo dovevi conquistare davvero, anche il regalo di Natale.
Non sono così stupido da non capire che comunque i regali erano indipendenti dalla tua mansuetudine e bontà ma dipendevano anche (e anzitutto) dalle possibilità di far quadrare i conti di casa, ma nella testa di un bambino di 50 anni fa, se non avevi fatto il bravo qualche dubbio su quel che c'era nei pacchi incartati sotto l'albero ti veniva.
Oggi... oggi abbiamo perso, tutti, adulti e bambini, il senso del desiderio e dell'attesa, e nella nostra frenetica vita 'qui e ora' i ciccolatini di Natale non fanno in tempo ad arrivare a casa; immaginiamoci ad essere appesi ad un albero addobbato come quello di zia Pina.
E voi ce l'avete un ricordo particolare del vostro Natale da piccoli?

(C'è un intruso nel mio blog...)



Tim il Guiscardo
Vice Comandante dell'Astronave Terra
(in attesa che torni il Capo)


6 commenti:

  1. Ricordo gli anni della mia infanzia, da noi non era ancora arrivata la moda di Babbo Natale ma c'era la Befana, i doni quindi arrivavano solo il 6 gennaio. Sempre nella mia memoria il 6 era un giorno dolce-amaro, da un lato c'era la gioia per i dolci e per i regali dall'altro la tristezza perchè il giorno dopo si sarebbe tornati a scuola.

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    1. Da noi invece le due feste hanno sempre convissuto, e Babbo Natale era più sentito della Befana, forse perché, come dici tu: l'epifania tutte le feste si porta via.

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  2. Sono anch'io (ero anch'io) un bambino di cinqunat'anni fa e i ricordi sono abbastanza simili. Non avevo un albero di Natale bellissimo (perché si tirava a campare) ma ai miei occhi bastavano quattro palle colorate per farmi felice. E ovviamente la prospettiva di qualche piccolo regalo... che poi ne bastava uno che fosse anche vagamente simile a ciò che avrei desiderato ma non necessariamente. Il più bello fu anche il meno costoso: un fortino western usato di legno che mio padre aveva forse trovato nella spazzatura: l'aveva restaurato pazientemente di nascosto dai miei occhi e gli aveva dato nuova vita. Ricordo quel vago odore di muffa che non era venuto via del tutto ma a me tutto sommato non dispiaceva perché gli donava un retrogusto vintage piacevole. I quattro soldatini che avevo (non indiani e cowboy: proprio soldatini) erano sproporzionati nelle dimensioni rispetto al fortino ma mi divertivo lo stesso un sacco.

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    1. È proprio vero che quando si è bambini la fantasia rende magica ogni cosa, anche la più semplice e povera, supplisce ad ogni mancanza. Io provo quasi pietà per quei bambini di oggi che pretendono quello che la tv gli impone di comprare. Nel mio negozio vendo anche giocattoli in legno, di una ditta specializzata, e sono soprattutto i nonni a comprarli per i nipotini. E ogni volta dicono: lui vorrebbe il giochino elettronico, ma io voglio che impari a giocare con la fantasia. Forse, se siamo venuti su un po' bene (non molto, solo un po'), è anche perché da piccoli abbiamo inventato storie con quel che avevamo. Grazie per essere passato da qui!

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  3. Sono anch'io un bambino del secolo scorso. Anche nel mio condominio c'era l'ascensore che funzionava con le dieci lire, che ricordi datati!
    Anch'io sono rimasto un po' all'idea del natale in cui le cose valevano quel giorno... Man mano che il consumismo cresceva, e io pure crescevo, e ho cominciato a vedere i negozi addobbati già ai primi di novembre e i primi panettoni sugli scaffali persino a fine ottobre, ecco, mi è sembrato che si è perduto qualcosa. Non c'è più l'attesa di un giorno unico, è piuttosto un trimestre di natale... A me manca quella sensazione di magia legata a un solo giorno, senza troppi grilli per la testa, a parte il regalo e il pranzo coi piatti tipici. Adesso è veramente tutto troppo consumistico, bisogna fare a gara a chi compra l'ultimo modello di panettone con uvetta glassata al pistacchio e crema di champagne aromatizzata ai frutti di bosco...
    Ormai sono un vecchio barbogio, lo so.

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    1. Oggi manca proprio il senso dell'attesa e del momento da vivere... Se do' un comando al PC o al telefonino e non risponde in X nanosecondi, penso subito che è ora di cambiarlo, perché in TV mi hanno detto che devo comprare il modello Y27 che mi permette di condividere i miei momenti felici in 'tempo reale'. Il problema è che un PC o un telefonino non mi dicono come fare a procurarmi dei 'momenti felici'. Ecco perché a ottobre trovi già il panettone sugli scaffali della conad (una per tutti...): perché poi a Natale comunque non sapremmo come assaporare il momento della festa. È come bere un buon bicchiere di vino (o di liquore): se lo annacqui dura di più, ma ne perdi il sapore. Non penso che sei (siamo!) un vecchio barbogio: sei uno che lotta per restare umano davanti all'avanzata di un mondo di androidi costruiti dalla TV.

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